Quando ho iniziato a leggere il Lago Blu ho provato subito una sensazione di familiarità, come se le emozioni dei
personaggi non mi fossero del tutto estranee, ognuna per motivi diversi. Come se possedessero nel proprio intimo un segreto da cui volersi liberare, nascosto sotto strati di circostanze e di apparenti giustificazioni.
I loro tratti li rendono personaggi unici e allo stesso tempo caratterizzazioni universali di aspetti umani, molto
umani.
Ammetto di aver amato particolarmente la protagonista Medea, sulla quale ho fatto, a mio modo, alcune proiezioni, leggendo pagina dopo pagina le sue vicissitudini con la speranza che si attuasse alla fine ciò che sommessamente desideravo: quella che per me sarebbe stata la chiusura "perfetta" della storia.
Mi sono al contrario piacevolmente sorpresa dei risvolti presi dalla vicenda. Non solo perchè mi hanno spiazzata,
ma soprattutto perchè sono giunti inattesi a svelare una parte di me assolutamente ignota.
Potrei sintetizzare la mia esperienza con il Lago Blu come un viaggio viscerale, intimo, a volte anche scomodo,
con una parte della mia "ombra", che non ci teneva particolarmente ad essere svelata o smascherata. Ma forse
sarebbe persino una lettura riduttiva.
Di fatto credo che il libro racchiuda una grande metafora: quella di un salto nel vuoto che ci porta a noi stessi,
sfidando le paure.
Domina nel paesaggio la notte, che rende la superficie del lago uno specchio scuro e misterioso, e affrontarlo
significa confrontarsi con se stessi, abbandonando i confini di ogni certezza e di un terreno fin troppo
conosciuto. Spogli di tutto e nudi come di fronte alla nascita, o a una potenziale rinascita.
Sullo sfondo sono disseminati bizzarri personaggi che alleggeriscono la trama di episodi esileranti:la personalità
controversa e bipolare di Fulvio e tre ragazzi usciti dalle leggende vichinghe: una vera e propria trovata
pittoresca e originale.
"Non temo più né morte né vita, con o senza di te." (Gregor Nenna)
Gandharani