incontro con Suzanne

Incontro con Suzanne



…Nessuno mi può accusare di essere un vigliacco, così andai alla porta e l’aprii.

Il motociclista stava scendendo dal suo mezzo e notai (che grande osservatore!) che aveva

forme decisamente femminili. Fece un cenno di saluto nella mia direzione e tolse il casco. Una

massa di fluenti capelli neri le scese sulle spalle e mi rivolse un sorriso folgorante.

Mi innamorai all’istante.

Indossava pantaloncini Kaki, una camicetta bianca sotto la quale si intravedeva un reggiseno

scuro e scarpe da ginnastica verde scuro. Quasi sicuramente Reebook.

«Arrivo subito» disse e, appoggiato il casco sulla sella della moto, estrasse una bottiglia di vino

bianco dal vano portabagagli.

Sorridendo si incamminò verso di me. Non mi ero ancora mosso, confuso da quella inaspettata

apparizione.

«Ciao» disse porgendomi la mano. Poi, notando la mia espressione, aggiunse «Tutto bene?

Piacere, Suzanne, e se non ho sbagliato indirizzo tu devi essere Peter»

Mi riscossi dal mio stato catatonico. In genere vado fiero dei miei riflessi, ma sono un tipo

emotivo e quando ci si mette il cuore vado in confusione. Prima di fare la figura del completo idiota

le strinsi brevemente la mano. Aveva dita lunghe e affusolate. Mani da artista, pensai.

«Certo, scusa, ma non ti aspettavo così presto. Hai fatto in fretta»

«A quest’ora del lunedì non c’è traffico. E poi non mi pare di averti detto dove abito»

Mi rivolse uno sguardo divertito e indagatore. Era bellissima. Aveva una spruzzata di lentiggini

sul viso. Avrei voluto perdermi a contarle una ad una.

Magari un’altra volta.

Mi allungò la bottiglia tenendola per il collo. E’ un dettaglio importante perché in questo modo

non mi forniva nessuna scusa per sfiorarle la mano mentre l’afferravo. Bisogna leggere tutti i

messaggi, consci o meno, che mandano le donne.

Il vetro umido di condensa mi comunicò una piacevole sensazione di fresco.

«Spero che ti piaccia» disse.

«E’ il mio preferito!» esclamai, ma davanti al suo sguardo sospettoso dovetti aggiungere «Beh,

quasi»

Sembrò soddisfatta della mia reazione.

«Dai, entra» Eravamo passati subito a darci del tu. Anzi, a pensarci bene, l’aveva fatto lei.

Mentre l’accompagnavo in giardino, passando dal soggiorno, esclamò, stupita: «E’

meraviglioso!»

In effetti il giardino illuminato, la piscina con i suoi riflessi blu e le piante disposte ad arte a

fare da contorno, facevano scena. Devo ammettere che anche Frank Sinatra che cantava Moonriver

ci metteva del suo.

«Mettiti comoda» dissi, indicando le sdraio accanto alla piscina.

«Intanto apro la bottiglia»

Mi ero ripromesso di non bere alcolici finché Sam fosse stata mia ospite ma, che diamine, non

mi ci vedevo a sorseggiare succo di pomodoro mentre quello schianto di donna si scolava una

bottiglia tutta sola. Ho pur sempre un nome da difendere.

Mentre armeggiavo con il cavatappi la osservai dalla finestra. Si era tolta le scarpe e

camminava a piedi nudi sull’erba con espressione estasiata, godendosi la sensazione dell’erba sotto

i piedi, muovendosi con grazia naturale. Mi augurai che Sam non tornasse troppo presto. Portai

fuori due bicchieri e ci sedemmo a bordo piscina, sorseggiando il vino e chiacchierando.

Quando mi trovo la prima volta con una donna che mi piace, tendo ad avere un atteggiamento

un po’ calcolato. Nascondo le mie debolezze e faccio lo spiritosone. Cerco di conquistarla insomma.

Quella sera, con Suzanne, non andò così. Standole vicino mi sentivo bene in modo naturale. Era

come se la conoscessi da sempre e, cosa che un po’ mi turbava, era come se lei conoscesse me.

Le raccontai della mia vita e lei mi raccontò della sua. Ridemmo dei rispettivi difetti e dei

sogni giovanili che si erano infranti contro il muro della quotidianità. Ad un certo punto ricevetti un

messaggio sul cellulare. Pensando potesse essere di Sam, mi affrettai a controllare, ma si trattava di

Giulia:

«Kiss, tesoro»

Suzanne, notando la mia espressione di disappunto, chiese:

«Brutte notizie?»

«No. Solo il saluto di una persona»

«Un’amica?»

Sesto senso femminile? Oppure un’indagine discreta?

«Più o meno» risposi, facendo il misterioso.

Si sdraiò sulla chaise-longue e rimase in silenzio per un po’. Sembrava scocciata. Bene, pensai.

Anch’io mi misi orizzontale con le mani dietro la testa. Il cielo terso aveva deciso di regalarci

uno spettacolo luminoso, sfoggiando tutta la gioielleria.

«E’ meraviglioso» dissi.

«Fantastico» disse.

«Un giorno mi piacerebbe contarle»

«Buon lavoro»

Naturalmente pensava che mi riferissi alle stelle.

«Non mio riferivo a quelle» dissi accennando al cielo con il capo.

Si voltò a guardarmi.

«E di cosa parlavi allora?» Aveva la voce impastata. Sentii che soffocava uno sbadiglio.

«E’ un segreto. Prometto che un giorno o l’altro te lo dirò»

Stava per cedere al sonno. La sentii mormorare qualcosa del genere:

«Sei proprio un tipo strano, Peter Phan»

Dopo un attimo il suo respiro regolare mi indicò che si era addormentata. La guardai,

ammirandone il profilo perfetto e il seno che si alzava e abbassava in modo regolare. Guardai le

stelle e ringraziai il cielo di avermela fatta incontrare. Non mi sentivo per niente stanco nonostante

il dolore ai muscoli.

Stavo bene